Sebbene esistano programmi di screening, la maggior parte dei pazienti affetti da carcinoma colorettale (CRC) sono diagnosticati dopo l’insorgenza dei sintomi, con malattia in stato avanzato. I farmaci biologici sono vitali per il trattamento di condizioni gravi come il CRC, ma hanno costi estremamente elevati. Il BE1040V è un biosimilare di bevacizumab sviluppato allo scopo di aumentare l’accesso al trattamento e ridurre la mortalità dovuta al CRC.
Il carcinoma colorettale metastatico (mCRC) è la seconda causa di morte per cancro in tutto il mondo, con un tasso di sopravvivenza a 5 anni intorno al 14%. Nei casi non resecabili, la terapia sistemica di prima linea può essere un’opzione, includendo chemioterapia combinata e farmaci biologici mirati contro il fattore di crescita endoteliale vascolare (VEGF) (ad es., il bevacizumab). Con questo studio randomizzato di fase III eseguito in 22 centri in Iran si intendeva valutare l’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità del BE1040V, un biosimilare di bevacizumab, rispetto al suo prodotto di riferimento in pazienti affetti da mCRC.
Risultati
Dopo il trattamento con BE1040V o bevacizumab, l’endpoint primario relativo alla sopravvivenza libera da progressione (PFS) è stato di 7,7 mesi e 7 mesi, rispettivamente, suggerendo la non inferiorità tra BE1040V e bevacizumab. In merito ad eventi avversi o a qualsiasi endpoint secondario, tra cui la sopravvivenza globale (OS), il tasso di risposta obiettiva (ORR) e il tempo al fallimento del trattamento (TTF), non sono state rilevate differenze significative tra i gruppi. Gli anticorpi anti-farmaco si sono sviluppati solo in due pazienti (uno per ciascun gruppo di trattamento).
Non sono state riscontrate differenze statisticamente significative tra BE1040V e bevacizumab di riferimento in termini di PFS, OS, ORR, TTF, sicurezza e immunogenicità. I ricercatori hanno concluso che il BE1040V ha un’efficacia non inferiore e una tollerabilità comparabile al bevacizumab di riferimento in pazienti affetti da mCRC.
Conclusioni determinanti
Il biosimilare di bevacizumab BE1040V non presenta differenze significative in termini di sicurezza ed efficacia rispetto all’originatore in uno studio multicentrico, randomizzato, condotto su pazienti affetti da carcinoma colorettale metastatico.
Pegfilgrastim (Neulasta® approvato dall’UE) è ampiamente utilizzato per la prevenzione della neutropenia indotta da chemioterapia in pazienti oncologici. Questo studio ha esaminato la comparabilità PK/PD di un nuovo biosimilare di pegfilgrastim (Pelmeg®) rispetto al Neulasta® in soggetti sani.
La neutropenia, definita come conteggio assoluto del neutrofilo (ANC)
Il pegfilgrastim è un analogo del fattore stimolante le colonie di granulociti (G-CSF) con azione a lunga durata, indicato per la prevenzione della neutropenia in questo contesto. Questo studio first-in-human ha esaminato la farmacocinetica (PK) e la farmacodinamica (PD) del Pelmeg® (codice di sviluppo B12019), una nuova versione biosimilare del pegfilgrastim, al fine di confermare la comparabilità con il prodotto di riferimento (pegfilgrastim approvato dall’UE; Neulasta®). Sono state analizzate anche la sicurezza e l’immunogenicità, come rilevato dal test degli anticorpi anti-farmaco (ADA). Lo studio prevedeva un disegno in cross-over a due vie con randomizzazione dei pazienti per la somministrazione di Pelmeg seguito da Neulasta o viceversa.
Risultati
L’analisi degli endpoint PK non ha mostrato alcuna differenza rilevante nell’esposizione di pegfilgrastim dopo la somministrazione di Pelmeg® o Neulasta®. Pertanto, è stata dimostrata la comparabilità della PK tra il prodotto in esame e quello di riferimento. I profili ANC dopo la somministrazione di Pelmeg® o Neulasta® sono risultati molto simili. In seguito alla somministrazione di entrambi i farmaci, gli ANC medi sono aumentati e hanno raggiunto un picco 3,5 giorni dopo la somministrazione, per poi diminuire e raggiungere il livello pre-dose intorno al 18° giorno. Tra i due farmaci non è stata riscontrata nessuna differenza in ANC. La percentuale di soggetti con eventi avversi è stata comparabile sia per Pelmeg® che per Neulasta® e non sono stati rilevati segnali ADA clinicamente rilevanti. Il Pelmeg® è risultato altamente simile al prodotto di riferimento.
Conclusioni determinanti
Il Pelmeg®, un biosimilare del pelgrastim, è risultato avere proprietà di PK e PD dei neutrofili assolute comparabili al prodotto di riferimento corrispondente.
L’anticorpo monoclonale umanizzato anti-ERBB2 trastuzumab (Herceptin®) è ben noto per migliorare la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale in pazienti affette da carcinoma mammario ERBB2-positivo. Tuttavia, il trastuzumab non è ampiamente disponibile in tutto il mondo e il trattamento biosimilare potrebbe aumentare l’accesso globale. Questo studio di conferma dell’efficacia e della sicurezza è stato eseguito come passo finale nella valutazione della bioequivalenza di un biosimilare di trastuzumab proposto, il Mylan®.
Lo sviluppo di biosimilari rappresenta un’alta priorità per gli sviluppatori di farmaci e le autorità sanitarie di tutto il mondo al fine di fornire accesso ad alternative di alta qualità ai farmaci biologici approvati, ivi compresi gli anticorpi monoclonali. Il trastuzumab (Herceptin®) è un anticorpo monoclonale che, combinato con la chemioterapia, migliora notevolmente la sopravvivenza in pazienti affette da carcinoma mammario metastatico e in fase iniziale HER2-positivo rispetto alla sola chemioterapia. Lo studio Heritage è stato progettato per confrontare l’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità di un biosimilare proposto, il Mylan®, rispetto al trastuzumab di riferimento, ciascuno combinato con un taxano, in pazienti affette da carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
Risultati
Dopo 24 settimane di trattamento, il tasso di risposta globale è stato del 69,9% per il biosimilare e del 64% per il trastuzumab. Questo risultato rientrava nei limiti di equivalenza predefiniti per l’efficacia del biosimilare proposto rispetto al trastuzumab. Non ci sono state differenze statisticamente significative tra i due gruppi di trattamento per nessuno degli endpoint secondari (tempo alla progressione del tumore, sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale a 48 settimane). I parametri di farmacocinetica della popolazione erano comparabili per il biosimilare proposto e il trastuzumab, così come i rispettivi profili di sicurezza. Non si sono verificati cambiamenti della frazione di eiezione ventricolare sinistra in nessuna paziente alla settimana 24, ed è stata confermata una bassa immunogenicità per entrambi i farmaci.
Questo studio di conferma della sicurezza e dell’efficacia ha dimostrato che il trattamento di 24 settimane con il biosimilare proposto, il Mylan®, si traduce in un tasso di risposta obiettivo equivalente rispetto al trastuzumab in donne affette da carcinoma mammario metastatico HER2-positivo che ricevono taxani. Questo biosimilare clinicamente efficace può contribuire ad aumentare l’accesso alla terapia con trastuzumab.
Conclusioni determinanti
Il biosimilare di trastuzumab Mylan® ha mostrato efficacia, parametri farmacocinetici e profili di sicurezza simili al prodotto di riferimento. In questo modo è possibile contribuire ad aumentare l’accesso alla terapia con trastuzumab per pazienti affette da carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
Man mano che i biosimilari diventano più ampiamente disponibili in oncologia, è importante che gli specialisti apprezzino il distinto ruolo di conferma degli studi clinici comparativi in merito ai biosimilari.
I farmaci biologici hanno un ruolo significativo nella gestione clinica di una serie di condizioni mediche, incluso il cancro, e possono potenzialmente far risparmiare sui costi e ampliare l’accesso dei pazienti ai farmaci biologici. Nonostante l’introduzione di diversi biosimilari terapeutici, ivi compresi gli anticorpi monoclonali (mAbs), molti oncologi in Europa e negli Stati Uniti sono scettici o non hanno familiarità con il relativo quadro normativo di approvazione e utilizzo.
La FDA definisce un biosimilare come “altamente simile al farmaco biologico di riferimento, senza differenze in modo clinicamente significativo in termini di sicurezza, purezza e potenza”. Lo sviluppo di un biosimilare richiede la realizzazione di una caratterizzazione gerarchica graduale per dimostrare la comparabilità strutturale e funzionale con l’originatore e uno studio clinico comparativo per escludere qualsiasi differenza. Il disegno dello studio e la scelta degli endpoint possono differire da quelli dei tradizionali studi di fase III poiché l’obiettivo è accertare l’equivalenza clinica, o biosimilarità tra i prodotti. Ad esempio, gli studi sul cancro possono includere come endpoint di efficacia la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale, mentre i biosimilari possono avere endpoint a breve termine, come il tasso di risposta globale, che sarebbero considerati appropriati per esporre eventuali differenze correlate al prodotto. La determinazione della biosimilarità si basa sulla totalità delle prove di tutte le fasi di sviluppo.
Da un punto di vista scientifico, economico ed etico, i biosimilari non dovrebbero mirare a replicare i dati acquisiti per il prodotto originatore in tutte le sue indicazioni. L’approvazione, pertanto, può essere “estrapolata” basandosi sulla dimostrazione della biosimilarità in uno scenario clinico, se adeguatamente giustificata. Come esempio,sono presenti cinque biosimilari di trastuzumab approvati in Europa e negli Stati Uniti. Durante lo sviluppo, questi cinque biosimilari sono stati sottoposti ciascuno a una valutazione farmacocinetica comparativa in volontari sani e sono stati poi confrontati clinicamente con il trastuzumab originatore in pazienti affette da carcinoma mammario HER2-positivo. Tuttavia, i cinque studi clinici comparativi sono stati condotti su diverse popolazioni di pazienti – tre studi includevano pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale in contesti neoadiuvante e adiuvante, mentre due valutavano il trattamento di prima linea contro il carcinoma mammario metastatico. Tutti questi disegni di studio sono stati accettati dalla FDA e dall’EMA come sufficientemente sensibili per valutare la similarità, confermando l’assenza di differenze clinicamente significative tra i biosimilari proposti e il trastuzumab.
Pertanto, gli studi clinici comparativi restano una componente centrale dello sviluppo dei biosimilari.
Conclusioni determinanti
Gli studi clinici per i biosimilari non hanno bisogno di mostrare un beneficio clinico contro una malattia ma devono dimostrare l’equivalenza clinica (biosimilarità) con l’originatore. La determinazione della biosimilarità si basa sulla totalità delle prove di tutte le fasi di sviluppo e l’estrapolazione delle indicazioni può essere giustificata dai risultati che dimostrano l’equivalenza clinica in uno scenario clinico.