Abstract

Comprendere il ruolo degli studi clinici comparativi per la valutazione e l’approvazione dei biosimilari

Titolo dell’articolo: Understanding the Role of Comparative Clinical Studies in the Development of Oncology Biosimilars

Citazione: Stebbing J et al. J Clin Oncol 2020;38:1070–80

Data di pubblicazione: Febbraio 2020

Man mano che i biosimilari diventano più ampiamente disponibili in oncologia, è importante che gli specialisti apprezzino il distinto ruolo di conferma degli studi clinici comparativi in merito ai biosimilari.

I farmaci biologici hanno un ruolo significativo nella gestione clinica di una serie di condizioni mediche, incluso il cancro, e possono potenzialmente far risparmiare sui costi e ampliare l’accesso dei pazienti ai farmaci biologici. Nonostante l’introduzione di diversi biosimilari terapeutici, ivi compresi gli anticorpi monoclonali (mAbs), molti oncologi in Europa e negli Stati Uniti sono scettici o non hanno familiarità con il relativo quadro normativo di approvazione e utilizzo.

La FDA definisce un biosimilare come “altamente simile al farmaco biologico di riferimento, senza differenze in modo clinicamente significativo in termini di sicurezza, purezza e potenza”. Lo sviluppo di un biosimilare richiede la realizzazione di una caratterizzazione gerarchica graduale per dimostrare la comparabilità strutturale e funzionale con l’originatore e uno studio clinico comparativo per escludere qualsiasi differenza. Il disegno dello studio e la scelta degli endpoint possono differire da quelli dei tradizionali studi di fase III poiché l’obiettivo è accertare l’equivalenza clinica, o biosimilarità tra i prodotti. Ad esempio, gli studi sul cancro possono includere come endpoint di efficacia la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale, mentre i biosimilari possono avere endpoint a breve termine, come il tasso di risposta globale, che sarebbero considerati appropriati per esporre eventuali differenze correlate al prodotto. La determinazione della biosimilarità si basa sulla totalità delle prove di tutte le fasi di sviluppo.

Da un punto di vista scientifico, economico ed etico, i biosimilari non dovrebbero mirare a replicare i dati acquisiti per il prodotto originatore in tutte le sue indicazioni. L’approvazione, pertanto, può essere “estrapolata” basandosi sulla dimostrazione della biosimilarità in uno scenario clinico, se adeguatamente giustificata. Come esempio,sono presenti cinque biosimilari di trastuzumab approvati in Europa e negli Stati Uniti. Durante lo sviluppo, questi cinque biosimilari sono stati sottoposti ciascuno a una valutazione farmacocinetica comparativa in volontari sani e sono stati poi confrontati clinicamente con il trastuzumab originatore in pazienti affette da carcinoma mammario HER2-positivo. Tuttavia, i cinque studi clinici comparativi sono stati condotti su diverse popolazioni di pazienti – tre studi includevano pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale in contesti neoadiuvante e adiuvante, mentre due valutavano il trattamento di prima linea contro il carcinoma mammario metastatico. Tutti questi disegni di studio sono stati accettati dalla FDA e dall’EMA come sufficientemente sensibili per valutare la similarità, confermando l’assenza di differenze clinicamente significative tra i biosimilari proposti e il trastuzumab.

Pertanto, gli studi clinici comparativi restano una componente centrale dello sviluppo dei biosimilari.

Conclusioni determinanti

Gli studi clinici per i biosimilari non hanno bisogno di mostrare un beneficio clinico contro una malattia ma devono dimostrare l’equivalenza clinica (biosimilarità) con l’originatore. La determinazione della biosimilarità si basa sulla totalità delle prove di tutte le fasi di sviluppo e l’estrapolazione delle indicazioni può essere giustificata dai risultati che dimostrano l’equivalenza clinica in uno scenario clinico.

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