L’anticorpo monoclonale umanizzato anti-ERBB2 trastuzumab (Herceptin®) è ben noto per migliorare la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale in pazienti affette da carcinoma mammario ERBB2-positivo. Tuttavia, il trastuzumab non è ampiamente disponibile in tutto il mondo e il trattamento biosimilare potrebbe aumentare l’accesso globale. Questo studio di conferma dell’efficacia e della sicurezza è stato eseguito come passo finale nella valutazione della bioequivalenza di un biosimilare di trastuzumab proposto, il Mylan®.
Lo sviluppo di biosimilari rappresenta un’alta priorità per gli sviluppatori di farmaci e le autorità sanitarie di tutto il mondo al fine di fornire accesso ad alternative di alta qualità ai farmaci biologici approvati, ivi compresi gli anticorpi monoclonali. Il trastuzumab (Herceptin®) è un anticorpo monoclonale che, combinato con la chemioterapia, migliora notevolmente la sopravvivenza in pazienti affette da carcinoma mammario metastatico e in fase iniziale HER2-positivo rispetto alla sola chemioterapia. Lo studio Heritage è stato progettato per confrontare l’efficacia, la sicurezza e l’immunogenicità di un biosimilare proposto, il Mylan®, rispetto al trastuzumab di riferimento, ciascuno combinato con un taxano, in pazienti affette da carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
Risultati
Dopo 24 settimane di trattamento, il tasso di risposta globale è stato del 69,9% per il biosimilare e del 64% per il trastuzumab. Questo risultato rientrava nei limiti di equivalenza predefiniti per l’efficacia del biosimilare proposto rispetto al trastuzumab. Non ci sono state differenze statisticamente significative tra i due gruppi di trattamento per nessuno degli endpoint secondari (tempo alla progressione del tumore, sopravvivenza libera da progressione e sopravvivenza globale a 48 settimane). I parametri di farmacocinetica della popolazione erano comparabili per il biosimilare proposto e il trastuzumab, così come i rispettivi profili di sicurezza. Non si sono verificati cambiamenti della frazione di eiezione ventricolare sinistra in nessuna paziente alla settimana 24, ed è stata confermata una bassa immunogenicità per entrambi i farmaci.
Questo studio di conferma della sicurezza e dell’efficacia ha dimostrato che il trattamento di 24 settimane con il biosimilare proposto, il Mylan®, si traduce in un tasso di risposta obiettivo equivalente rispetto al trastuzumab in donne affette da carcinoma mammario metastatico HER2-positivo che ricevono taxani. Questo biosimilare clinicamente efficace può contribuire ad aumentare l’accesso alla terapia con trastuzumab.
Conclusioni determinanti
Il biosimilare di trastuzumab Mylan® ha mostrato efficacia, parametri farmacocinetici e profili di sicurezza simili al prodotto di riferimento. In questo modo è possibile contribuire ad aumentare l’accesso alla terapia con trastuzumab per pazienti affette da carcinoma mammario metastatico HER2-positivo.
Man mano che i biosimilari diventano più ampiamente disponibili in oncologia, è importante che gli specialisti apprezzino il distinto ruolo di conferma degli studi clinici comparativi in merito ai biosimilari.
I farmaci biologici hanno un ruolo significativo nella gestione clinica di una serie di condizioni mediche, incluso il cancro, e possono potenzialmente far risparmiare sui costi e ampliare l’accesso dei pazienti ai farmaci biologici. Nonostante l’introduzione di diversi biosimilari terapeutici, ivi compresi gli anticorpi monoclonali (mAbs), molti oncologi in Europa e negli Stati Uniti sono scettici o non hanno familiarità con il relativo quadro normativo di approvazione e utilizzo.
La FDA definisce un biosimilare come “altamente simile al farmaco biologico di riferimento, senza differenze in modo clinicamente significativo in termini di sicurezza, purezza e potenza”. Lo sviluppo di un biosimilare richiede la realizzazione di una caratterizzazione gerarchica graduale per dimostrare la comparabilità strutturale e funzionale con l’originatore e uno studio clinico comparativo per escludere qualsiasi differenza. Il disegno dello studio e la scelta degli endpoint possono differire da quelli dei tradizionali studi di fase III poiché l’obiettivo è accertare l’equivalenza clinica, o biosimilarità tra i prodotti. Ad esempio, gli studi sul cancro possono includere come endpoint di efficacia la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale, mentre i biosimilari possono avere endpoint a breve termine, come il tasso di risposta globale, che sarebbero considerati appropriati per esporre eventuali differenze correlate al prodotto. La determinazione della biosimilarità si basa sulla totalità delle prove di tutte le fasi di sviluppo.
Da un punto di vista scientifico, economico ed etico, i biosimilari non dovrebbero mirare a replicare i dati acquisiti per il prodotto originatore in tutte le sue indicazioni. L’approvazione, pertanto, può essere “estrapolata” basandosi sulla dimostrazione della biosimilarità in uno scenario clinico, se adeguatamente giustificata. Come esempio,sono presenti cinque biosimilari di trastuzumab approvati in Europa e negli Stati Uniti. Durante lo sviluppo, questi cinque biosimilari sono stati sottoposti ciascuno a una valutazione farmacocinetica comparativa in volontari sani e sono stati poi confrontati clinicamente con il trastuzumab originatore in pazienti affette da carcinoma mammario HER2-positivo. Tuttavia, i cinque studi clinici comparativi sono stati condotti su diverse popolazioni di pazienti – tre studi includevano pazienti con carcinoma mammario in fase iniziale in contesti neoadiuvante e adiuvante, mentre due valutavano il trattamento di prima linea contro il carcinoma mammario metastatico. Tutti questi disegni di studio sono stati accettati dalla FDA e dall’EMA come sufficientemente sensibili per valutare la similarità, confermando l’assenza di differenze clinicamente significative tra i biosimilari proposti e il trastuzumab.
Pertanto, gli studi clinici comparativi restano una componente centrale dello sviluppo dei biosimilari.
Conclusioni determinanti
Gli studi clinici per i biosimilari non hanno bisogno di mostrare un beneficio clinico contro una malattia ma devono dimostrare l’equivalenza clinica (biosimilarità) con l’originatore. La determinazione della biosimilarità si basa sulla totalità delle prove di tutte le fasi di sviluppo e l’estrapolazione delle indicazioni può essere giustificata dai risultati che dimostrano l’equivalenza clinica in uno scenario clinico.
Dal lancio del primo biosimilare (Omnitrope®; somatropina) nel 2006, sono stati approvati 58 biosimilari nell’UE e 26 negli USA. L’autorizzazione dei biosimilari ha diversi vantaggi per i sistemi sanitari: aumenta la scelta dei farmaci, riduce i costi, libera i budget per fornire più trattamenti, sostiene la concorrenza e la sostenibilità dell’industria farmaceutica e promuove l’innovazione.
Tuttavia, esistono diverse barriere potenziali all’ampia diffusione dei biosimilari nella pratica clinica. È possibile che alcuni medici non conoscano questi farmaci o non li ritengano affidabili. Possono anche essere presenti restrizioni in merito alla scelta o al passaggio da un farmaco all’altro. In molti casi, la disponibilità di prodotti biologici specifici nella farmacopea viene stabilita da organi amministrativi e da farmacisti ospedalieri senza consultare i prescrittori, spesso solo in base a considerazioni sui costi.
Il bevacizumab è il primo agente terapeutico per il quale sono disponibili biosimilari per l’mCRC. Come tutti i biosimilari, sono stati approvati dall’EMA e dalla FDA in base ai dati presentati che confermano la similarità strutturale e l’equivalenza funzionale, nonché a studi di conferma dell’efficacia clinica e della sicurezza rispetto al prodotto di riferimento. L’obiettivo di quest’ultimo studio non è quello di ristabilire i parametri clinici ripetendo inutilmente l’intero programma di sviluppo clinico per il prodotto di riferimento, ma di confermare benefici simili nella popolazione di pazienti più sensibile. Per i biosimilari di bevacizumab, gli sponsor e gli enti regolatori hanno concordato che il tasso di risposta globale in pazienti affetti da NSCLC era un endpoint scientificamente giustificato per confermare la similarità. Poiché il bevacizumab esercita la sua modalità d’azione – l’inibizione dell’angiogenesi tumorale – indipendentemente dal tipo di cancro, in base alla totalità delle prove, le indicazioni autorizzate per i biosimilari di bevacizumab potrebbero essere estrapolate al trattamento dell’mCRC.
Conclusioni determinanti
La concessione di licenze per i biosimilari ha diversi vantaggi potenziali per i sistemi sanitari, sebbene siano presenti molte barriere che ne rendono difficoltosa l’adozione. I biosimilari di bevacizumab potrebbero servire come esempio di estrapolazione basata sulla totalità delle prove.
ABP 215 è un nuovo biosimilare di bevacizumab. In questo studio randomizzato di fase III ne sono state confrontate l’efficacia clinica e la sicurezza rispetto al prodotto di riferimento in pazienti affetti da carcinoma polmonare non a piccole cellule (NSCLC).
Il bevacizumab è approvato negli Stati Uniti e nell’Unione europea per il trattamento di diversi tumori maligni, compreso l’NSCLC. ABP 215 è il primo biosimilare di bevacizumab approvato. La somiglianza tra ABP 215 e il prodotto di riferimento bevacizumab (RP) è stata dimostrata in molteplici e rigorose valutazioni non-cliniche e pre-cliniche. Ulteriori prove a sostegno del valore clinico dell’ABP 215, sono state ottenute dallo studio randomizzato di fase III MAPLE atto a confrontarne l’efficacia, la sicurezza, l’immunogenicità e profili farmacocinetici rispetto al bevacizumab RP in pazienti affetti da NSCLC.
Risultati
Sono stati scelti in modo casuale pazienti idonei che iniziano il trattamento di chemioterapia di prima linea per l’NSCLC, per la somministrazione aggiuntiva di ABP 215 o bevacizumab per un massimo di sei cicli trisettimanali. Nei gruppi di ABP 215 e bevacizumab RP, le risposte obiettive (definite come risposta completa o parziale) sono state registrate rispettivamente nel 39% e nel 42% dei pazienti. Poiché tale risultato rientrava nel margine di equivalenza specificato, è stata riscontrata la similarità dell’efficacia clinica dei due trattamenti. Anche gli endpoint secondari come la sopravvivenza libera da progressione e la sopravvivenza globale sono risultati comparabili in entrambi i gruppi di trattamento. Allo stesso modo, gli eventi avversi, i valori farmacocinetici (ovvero le concentrazioni sieriche di base) e le valutazioni di immunogenicità (ovvero gli anticorpi anti-farmaco) sono risultati simili nei due gruppi.
Questo studio di equivalenza di fase III che confronta ABP 215 e bevacizumab RP, completa la totalità delle prove raccomandate dalle agenzie di regolamentazione per lo sviluppo dei biosimilari. Insieme ai risultati degli studi precedenti, lo studio conferma la biosimilarità tra ABP 215 e bevacizumab RP.
Conclusioni determinanti
La biosimilarità tra bevacizumab RP e il biosimilare ABP 215 è stata confermata dalla totalità delle prove degli studi indicati e da uno studio di equivalenza di fase III in pazienti affetti da NSCLC.